XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A – 09 AGOSTO 2020
DOMENICA 09 AGOSTO 2020
Prima Lettura
Dal primo libro dei Re (1Re 19,9.11-13)
In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Parola di Dio
Il racconto della teofania (manifestazione di Dio) sull’Oreb (19,1-21) fa parte di quella sezione del 1Re che va sotto il nome di “ciclo di Elia”. Dopo la clamorosa vittoria di Elia sui sacerdoti di Baal, Gezabele, moglie del re Acab, messa al corrente di quello che era accaduto sul monte Carmelo, giura che Elia subirà la medesima sorte da lui inferta ai sacerdoti di Baal. Questa minaccia costringe il fiero profeta a cercare scampo nella fuga; inoltratosi nel deserto, giunge fino al monte Oreb. Qui Elia si rifugia in una grotta, ma è invitato ad uscirne perché Dio sta per manifestarsi. Ed ecco Jahvé che passa. Uragano, terremoto, lampi non sono che i segni precursori del passaggio divino; il mormorio di un vento tranquillo simboleggia la spiritualità di Dio e l’intimità con cui egli si intrattiene con i suoi profeti. Come Mosè (cf. Es 3,6) anche Elia nasconde il volto, poiché una creatura non può vedere Dio e vivere.
Il significato della teofania sembra essere un’ammonizione al profeta di aspettare non la spettacolare irruzione di Jahvé nella storia, con accompagnamento di bufere, terremoti e fuoco, ma piuttosto una rivelazione discreta, quasi interiore, che solo un credente attento ai segni dei tempi è in grado di percepire e interpretare.
SALMO RESPONSORIALE (Dal Sal 84/85)
R. Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli. Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme, perché la sua gloria abiti la nostra terra. R. Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo. R. Certo, il Signore donerà il suo bene e la nostra terra darà il suo frutto; giustizia camminerà davanti a lui: i suoi passi tracceranno il cammino. R.
È un canto della potente bontà di Dio che libera il suo popolo dalla schiavitù, aprendo gli orizzonti della nuova era messianica, in cui regneranno sovrani la pace e l’amore.
Seconda Lettura
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 9,1-5)
Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen. Parola di Dio
Un problema di enorme interesse personale assilla Paolo: egli, che si gloriava di essere ministro di salvezza per i gentili, doveva constatare che proprio quelli della sua razza (il popolo giudaico), rifiutavano la salvezza proclamata nel Vangelo. Paolo affronta qui questo tema forse perché costituiva un problema sentito nella chiesa di Roma, dove lo scarso numero dei credenti di provenienza giudaica costringeva a chiedersene il perché. Ma Paolo ne tratta anche perché l’incredulità degli ebrei porta con sé un problema teologico: il Vangelo che lui annunciava non era una innovazione: era il compimento delle promesse fatte ai padri. Come mai dunque proprio i discendenti di Abramo rifiutavano di credere?
Paolo paria sinceramente “in Cristo”, cioè come cristiano: non vuole che si pensi che egli sia spinto da risentimento contro i giudei dai quali aveva ricevuto maltrattamenti; perciò si dichiara disposto a sottostare anche al più terribile destino, quello di essere addirittura «anatema», vale a dire scomunicato, se ciò potesse giovare alla salvezza dei suoi consanguinei.
Vangelo
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 14,22-33)
[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Parola del Signore
Subito dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù ordina ai discepoli di risalire in barca per raggiungere l’altra riva mentre egli si sarebbe fermato per congedare la folla. Congedata la folla, si ritirò a pregare, mentre i discepoli stavano già attraversando il lago. All’alba, fra le 3 e le 6, essi vedono una figura che si avvicina alla loro barca camminando sull’acqua. Avrebbero potuto e dovuto capire che era Gesù, essendo stati spettatori del miracolo dei pani (cf. Mc 6,52): eppure sono presi da spavento, credendo trattarsi di un fantasma. Finalmente poi la voce di Gesù li rassicura. L’episodio mette in luce che Gesù come Messia e Signore del creato partecipa del potere di Dio e che il vento e il mare gli obbediscono. A questo punto Matteo inserisce il primo di quattro racconti tesi a spiegare l’autorità di Pietro nella chiesa cristiana. Dietro la spinta di una genuina, anche se momentanea fede, Pietro cammina lui pure sull’acqua, rivelandosi così come il pioniere della fede. Poco dopo, Pietro a causa della violenza del vento, vacilla nella fede e comincia ad affondare. Ma questo venir meno, come spesso accade nei rapporti fra Dio e gli uomini, diventa occasione che conduce i discepoli ad un primo riconoscimento di Gesù come Figlio di Dio. Alcuni commentatori sarebbero propensi a situare il racconto tra le narrazioni post-pasquali poiché questo, come il precedente (14,13-21) ha un significato simbolico. Esso si trova in quella sezione di Matteo che va sotto il nome di «sezione ecclesiologica». I discepoli nella barca rappresentano la Chiesa, da cui Gesù non è mai lontano.
COMMENTO E MESSAGGIO
È un’accusa sempre ricorrente, quella rivolta alla religione, di svolgere abitualmente un ruolo di forza frenante nello sviluppo e nel progresso dell’umana società. Ma l’esempio che ci viene offerto dal comportamento di Pietro, come ci viene descritto nel brano evangelico, ci permette una netta smentita di una simile accusa.
Già abbiamo sottolineato che Pietro appare in questo caso come il “pioniere della fede”, e di una fede coraggiosa, che non rifiuta il rischio. Non poteva certo sfuggire, a un uomo tanto concreto e pratico, quanto fosse pericoloso abbandonare la sicurezza della barca e avventurarsi fra le onde. Eppure quale altro ragionevole motivo avrebbe potuto spingerlo se una nuova forza intima provocata dal desiderio di andare incontro a Gesù, che lo sollecitava finanche a sfidare il pericolo? È pur vero che, subito dopo, Pietro si lascerà sopraffare dalla paura e dal dubbio. Ma anche questo particolare evidenzia il suo veemente grido di fede: Signore, salvami! Anche per noi si pone l’alternativa fra una fede fragile, timorosa, forse pavida, e una fede inquieta che ci spinga – in mezzo alle tempeste e ai pericoli del mondo – alla ricerca del nostro Signore. La nostra fede è chiamata continuamente in causa, sfidata a un confronto con la logica del mondo. Non è certo rifiutando il confronto che la nostra fede troverà la possibilità di una verifica concreta del suo superamento della limitata logica umana.
Occasioni oggi non mancano: per esempio, perché non ci adoperiamo per chiedere ai deputati cattolici del PD di non nascondersi e di opporsi al DdL ZAN-SCALFAROTTO-BOLDRINI che, in fin dei conti colpirà soprattutto noi cattolici? Volete vedere uno degli ultimi volantini che hanno diffuso via web dopo i tristi fatti di Lizzano, ove il Parroco aveva invitato a pregare un rosario per la famiglia, minacciata dal suaccennato progetto di legge? Ecco:
Secondo esempio: il governo approfitta del mezz’agosto per estendere l’uso della RU 486 fino alla 9a settimana, che all’inizio assicuravano che non fosse abortiva (ricordate?). Chi si muove? I Vescovi e loro giornale silenziato (solo su questi temi!) timidamente biascicano e farfugliano qualcosa di incerto, pronunciato in modo innocuo e indolore. E CONTRO LA MORTE ATROCE E PREMATURA DEI FIGLI DI DIO CHI URLA, CHI ALZA IL GRIDO DELL’ETERNO? Speriamo che il Papa oggi dica qualcosa, che all’Angelus si faccia sentire, che gridi al mondo il grido di dolore di Dio.
**** OMISSIS **** (chi desidera, mi chieda con “whatsapp” il contenuto.
Riprendiamo la forza della Chiesa dei primi secoli di gridare ed esortare gli uomini alla conversione, Qualcuno ascolterà.
Il Vangelo di oggi ci chiede che, tanto a livello individuale quanto a livello comunitario, compiamo il passo rischioso di abbandonare la sicurezza della barca, la tranquillità di una fede inerte e senza slanci, ci viene chiesto di avventurarci incontro al Signore in alto mare. Salvo poi a dover fare subito i conti con la nostra debolezza e l’esperienza del nostro limite. E allora dovremmo essere pronti a gridare con Pietro: “Signore, non posso contare che su di te». Solo la chiara coscienza del rischio, la prontezza all’autocritica, la sincerità e il disinteresse, il vivo desiderio di incontrare il Signore, fanno sì che la fede audace non si trasformi in assurda temerarietà. Solo quando invocheremo l’aiuto, la potenza di Dio che ha sottratto Gesù al gorgo della morte, darà a noi la forza di superare la nostra paura.
Puntando l’attenzione sulla vita della chiesa nella storia alla luce di questa fede coraggiosa e dinamica, possiamo precisare che non si pretende che essa imbocchi la strada di uno scriteriato ammodernamento o di un avventurismo senza direzione. È necessario invece che percepisca in maniera sempre nuova gli stimoli di una fede che suoni scandalo, e quindi proposta nuova, alla mentalità del mondo. È necessario che si riconosca in quella barca agitata dai flutti e apparentemente senza difesa, debole, povera. E che oggi la chiesa ci appaia meno in una veste di trionfo e più sconvolta dalla forza di venti poderosi, talvolta quasi sommersa dalle onde (ricordate le parole di Benedetto XVI!) di un incessante bombardamento di una propaganda avversa e tendenziosa, è sotto gli occhi di tutti. Ma questo non deve insinuare nel nostro animo la sensazione di qualcosa che frana, la paura di un crollo. In questi frangenti la chiesa ritrova più autenticamente se stessa, proprio mentre perde i segni esterni del suo trionfo. Questo le permette di ritrovare la garanzia più sicura del suo vero trionfo, ed è Cristo, che doma le onde e si presenta: “Sono io, non temete”.
Buona Domenica a tutti!